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Alimentazione

Grano, pasta e glifosato: si rischiano danni al microbiota e all’intero organismo

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Il microbiota umano è un sistema iper-complesso formato da specie prevalentemente batteriche che compongono il nostro organismo. Si pensi solo che le cellule batteriche che vivono dentro di noi superano di gran lunga quelle umane. Da ciò si evince quanto il microbioma possa incidere sulla salute umana. Eppure, vi sono delle sostanze – come il glifosato – che possono alterarlo negativamente provocano seri danni alla nostra salute. Ecco perché.

Glifosato nella pasta e nel grano

Il glifosato è un erbicida utilizzato in agricoltura. Studi recedenti hanno dimostrato che se ne trova in quantità considerevoli anche nella pasta di uso comune e nelle farine. Lo scopo del glifosato è quello di permettere al grano di crescere libero da piante o erbe infestanti, di contro provoca un essiccamento più rapido del vegetale, ancor prima che quest’ultimo arrivi a maturazione completa. Ma non solo: già in passato l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro di Lione aveva messo in evidenza un possibile ruolo di tale sostanza nell’aumentare il rischio di comparsa di tumori. Una nuova ricerca condotta in Finlandia ha invece rivelato un altro aspetto pericoloso: il glifosato – anche a dosi minime – porterebbe a un grave squilibrio del microbiota intestinale.

Cosa accade ai nostri microbi?

Sono i microbi presenti nel nostro organismo a decretare la nostra salute. Ma cosa accade se questi vengono modificati? Per rispondere a questa domanda, i ricercatori dell’Università di Turku in Finlandia hanno sviluppato uno strumento bioinformatico in grado di evidenziare l’eventuale sensibilità al glifosato dei batteri intestinali. E i risultati non sono stati dei migliori: il 54% delle specie batteriche sembrano essere sensibili persino a minuscole tracce di glifosato che assumiamo attraverso bevande e cibi.

Glifosato e microbiota intestinale

«Il glifosato prende di mira un enzima chiamato EPSPS nella via dello shikimate [via metabolica presente nei batteri, piante, funghi]. Questo enzima è fondamentale per sintetizzare tre amminoacidi essenziali. Sulla base della struttura dell’enzima EPSPS, siamo in grado di classificare l’80-90% delle specie microbiche in sensibili o resistenti al glifosato», ha spiegato il professor Pere Puigbò, sviluppatore dello strumento di bioinformatica. I risultati ribaltano quindi tutte le credenze che abbiamo avuto in merito fino ad ora. Il glifosato, infatti, era ritenuto sicuro perché la via metabolica shikimate non era presente negli esseri umani. Al contrario, alterando i microbi presenti nel nostro organismo, viene danneggiata anche la nostra salute. Il che significa che a lungo termine si potrebbe incappare nella comparsa di malattie più o meno gravi. «Questo studio innovativo fornisce strumenti per ulteriori studi che possano determinare l’effettivo impatto del glifosato sul microbiota intestinale umano e animale e quindi sulla loro salute. Oltre alla bioinformatica, abbiamo bisogno della ricerca sperimentale per studiare gli effetti del glifosato sulle comunità microbiche in ambienti variabili», conclude l’autore dello studio Marjo Helander.

 

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